particolare di un piccolo campo di fiori, nel parco di via Palestro, a Milano. |
Venerdì scorso siamo andati a spiare cosa accadeva al Wired Next Fest di Milano, in zona Palestro. Su Twitter c'era molto fermento attorno alle iniziative proposte, e l'eterogeneità delle presenze (sui palchi, come relatori, nelle dome come standisti e come pubblico) dimostrava un intento perfettamente wired: connettere aspetti diversi della contemporaneità per ricostruire orizzonti di senso temporaneo, demandando ad altre strutture il compito di dare stabilità a queste proiezioni, dando loro la stabilità necessaria, la struttura atta a mutarle in protezioni di un tessuto connettivo alimentato dalle energie vitali delle ultime generazioni.
Io, come contributo personalissimo alla causa dell'innovazione, ho portato con me il mio giovane roker di quasi sei anni. Lui sarebbe stato per certi versi il mio test e il mio tramite con il futuro. Perché l'innovazione passa principalmente per due grandi pulsioni: la curiosità e l'immaginazione. Prima di ogni pensiero strutturato (prima di ogni epistemologia per dirla da adulti) il nostro rapporto con il futuro è primariamente vissuto come sorpresa e anticipazione. Non c'è ovviamente spazio per il passato, e il presente è solo un punto d'appoggio per la rappresentazione reale del futuro.
Ed eccoci al Museo di storia naturale di via Palestro, abilmente allestito come una trasposizione vivente della rivista WIRED. L'infografica sparsa nel verde raccontava di una realtà aumentata, in cui i nostri corpi avrebbero fatto parte di un racconto complessivo, dinamico, estremamente simultaneo (e su Twitter questa simultaneità si percepiva grazie anche ad una grande partecipazione sull'ashtag #wirednextfest). Ma il connettivo del mix generazionale era garantito in realtà dal verde e dal museo di storia naturale (e pure dai lecca-lecca che venivano regalati ai bimbi). Dunque la città fungeva da garante al festival, dando un contesto necessario alla rappresentazione reale dell'innovazione. Al contempo il festival costituiva una densificazione interna alla città, uno specchio che mostrava una realtà nuova, anche se necessariamente da completare (perché l'immaginazione ha intimo bisogno dell'incompiuto, e la visione va sedotta dall'invisibile).
le dome allestite al parco di via Palestro a Milano. |
L'innovazione ha poi bisogno di un riferimento al futuro, raggiungibile idealmente in modo istantaneo (perché l'innovazione non può essere parente stretta della pianificazione). Ecco l'uso sapiente dei gonfiabili (tecnica preferita dall'instant city degli Archigram negli anni '60) e delle cupole (con un richiamo sottile ad un neoprimitivismo in grado di sottolineare blandamente che ogni innovazione mette mano agli archetipi in quanto pensiero alternativo; se nulla sarà più come prima allora bisogna pure rifondare il 'tempo Zero'!).
WIRED Dome. |
Altra intima necessità strutturale della rappresentazione dell'innovazione è essere figlia legittima degli innovatori del passato. Il filo rosso è ovviamente il passaggio di testimone di un'intelligenza smart di padre spirituale in figlio spirituale. E questa ritualità laica non è altro che il residuo dell'assassinio del padre secondo la mitologia freudiana di Totem e Tabù. Si concede ai padri il ruolo di garanti ma non di leader, poiché lo status quo valorizza l'esperienza, mentre l'innovazione ha bisogno di astuzia e un pizzico di arroganza (lo dico in modo del tutto positivo, considerando e riconoscendo il coraggio di arrogarsi il diritto di determinare il futuro)
Interno della WIRED Dome. |
Ed ecco quindi comparire alla Wired Dome la generazione dei cinquantenni, gli innovatori in carica. Noi abbiamo ascoltato un dimesso Renato Soru e i suoi mea culpa sulla passata svendita di pezzi di Tiscali a Google (ho raccolto accenni dell'intervento su http://www.youtube.com/watch?v=5SjtJ57MjD8). Evidentemente anche Soru aveva ben compreso di essere una comparsa (eccellente) nella grande rappresentazione dell'innovazione, per la quale l'insegnamento è sostituito dalla condivisione e (idealtipicamente) dal team working. I risultati effettivi, per lo stesso Soru, sono principalmente sociali (alla stregua dell'illuminato Olivetti di 60 anni fa), e solamente dopo economici.
Stampante 3d di Sharebot Pro. |
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