critics+practices in contemporary architecture and spatial planning - critica, teoria e prassi in architettura e pianificazione urbana

martedì 16 settembre 2014

FORGOTTEN IN SPACE, esplorare nuove funzioni

L'architettura, per quanto ne dica B. Ingels, è ancora un contenitore di funzioni, per lo meno per la città occidentale. Lo spazio pubblico e lo spazio privato vengono ancora separati, coincidendo per buona parte con l'esterno e l'interno dell'architettura.

L'architettura propone scatole di varia fattezza, ma rimangono delle bordature nell'immaginaria fluidità dello spazio urbano. Infatti l'architettura deve commisurarsi con la sua costruzione (situazione complicata e spesso disturbante, troppo simile alla frizione logorante del rapporto tra Io e Super-Io nella filogenesi sociale). Senza attraversare la prova della costruzione l'architettura rimane adolescenziale, inascoltata, un chiacchiericcio. Non lo penso, ma sono convinto che per molti questa sia un precetto inappellabile. E' come se il disegno/progetto sia costretto a incarnarsi nel dolore e nella materialità della condizione umana, una sorta di prospettiva cristiana che serpeggia tra i critici di questa disciplina demiurgica così vecchia e così ossessionata dalla propria perpetrata giovinezza avanguardista.

Per molti l'architettura è intrisa di narcisismo, e pecca di autoreferenzialità (di tutti i tipi, economica, sociale, costruttiva, ecc...). Per il sottoscritto, invece, l'architettura è costretta a comportarsi in tal modo, essendo l'unica disciplina sistemica in grado di incarnare e sintetizzare i principali saperi occidentali. Questa sua sistematicità la rende quasi-universale, quasi-civile, quasi-progressiva, la trasfigura nella possibilità stessa di nuovi inizi. E' solo un'illusione, altro 'oppio' per la nostra civiltà, ma è probabilmente l'unico che è (ancora) in forze per incarnare il futuro.

Ho parlato dell'architettura, non degli architetti. Essa sola ha una missione specifica. Per noi architetti vale il libero arbitrio, e pure la propensione naturale al narcisismo...

Putroppo l'architettura, nel suo ricircolo ossessivo mirato alla novità, spesso si rivolge alla forma come interfaccia unica e immediata tra il futuro e i propri utenti. In questo l'architettura compie un grossolano errore strategico, come se la distanza della vista (opposta alla vicinanza del tatto) non limitasse la sua capacità di coinvolgere gli utenti nel proprio ciclo di epifania del futuro. In altre parole: da nuove forme architettoniche non derivano necessariamente nuove direzioni di sviluppo urbano.

Altra chiave di lettura (diversa dunque da quella compositiva e morfologica) è la disponibilità all'ibridazione di certi tipi di spazi (sia interni che esterni).
Mi è risultato abbastanza chiaro vedendo i render di B. Ingels per il museo ArtA. Si tratta di un edificio derivante dalla torsione longitudinale di un parallelepipedo. Formalmente niente di nuovo.
Ma è nel sistema distributivo interno che il pubblico e il privato si ibridano, dando luogo a possibilità funzionali (e dunque formali) davvero innovative.

immagine da http://aasarchitecture.com

L'intuizione è evocativa, pop, artistica, fuori luogo. Ma questo spazio residuo (di cui solitamente i programmi funzionali non tengono abbastanza conto, non essendo monetizzabile come le superfici commerciali) è il core della commerciabilità dell'intera opera. Perché si tratta del punto da cui poter ammirare gli spazi.
E' una lezione che ha precursori notevoli, dalle distorsioni di Eisenmann, al void del Museo Ebraico di Libeskind, alla passerella esterna del Guggenheim a Bilbao, alle scale nere del Maxxi di Hadid. Il dimensionamento di quegli spazi intermedi, inutili e al contempo fondamentali, è forse la principale abilità di molte archistar.

interno del Maxxi (E. Lain)

La distinzione tra spazi serventi e spazi serviti (grande lezione del funzionalismo) si è disciolta, al punto che ritengo si distinguano sempre più spazi emozionali e spazi funzionali.
Nel mezzo noi users siamo dispersi e costretti a mappare gli interni così come gli esterni. E non sempre si tratta di una fatica, anzi....

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