critics+practices in contemporary architecture and spatial planning - critica, teoria e prassi in architettura e pianificazione urbana

mercoledì 1 febbraio 2012

MASTERPIECE#1: Kunsthall a Rotterdam

Si comprende molto dell'architettura dalle opere realizzate. Come per l'arte anche l'architettura esistente emana una propria aura significativa. Quest'aura differenzia (prima ancora delle qualità estetiche) l'architettura dalla pura costruzione edile. Nel capolavoro l'aura tende a divenire universalmente riconoscibile. Quando mi sono recato a Rotterdam nel 2002 ero ospite di giovani architetti, e tutti concordavano nel riconoscere il Padiglione di Barcellona di Mies van Der Rohe come un indiscutibile capolavoro, nonostante (allora) in Olanda si praticasse l'iconoclastia del moderno a favore dei blob che (allora) erano definiti transarchitettura e ora vengono fatti rientrare nella  categoria compositiva/costruttiva del parametricismo (a chi interessasse una sua lettura rimando al breve saggio pubblicato in un apposito post). Lo stile era indifferente (e quello del Padiglione, seppur non sia l'originale degli anni '20 ma una quasi-copia, è estremamente rarefatto), i miei colleghi parlavano di altro: dell'esattezza, della completezza, dell'universalità...
Bene, la Kunsthall a Rotterdam di OMA/Rem Koolhaas è esattamente l'opposto di quell'ideale universale che ispirò il lavoro di Mies. Koolhaas è uno straordinario lettore dell'architettura (in generale) e dell'opera di Mies (e pure di Le Corbusier, a mio avviso), ma preferisce la giustapposizione piuttosto che la composizione, i disequilibri alla completezza assoluta, la particolarità all'universalità. 
Kunsthall, Rotterdam veduta dell'ingresso (foto E. Lain 2002)

La Kunsthall potrebbe essere definita un montaggio di rimandi alla storia dell'architettura, alle sue articolazioni nazionali, un oggetto estremamente variabile come un piano sequenza pubblicitario.
La Kunsthall è un'anomalia che pubblicizza il proprio contenuto (l'arte da galleria) senza sostituirsi ad esso (come invece accade nel pur straordinario Guggenheim di Ghery a Bilbao). E' una delle strategie possibili: il moderno si rendeva anonimo nel gioco di volumi bianchi, il postmoderno raggiunge l'anonimato attraverso il molteplice, il post-postmoderno tenta la strada del sublime. Koolhaas ha sempre avuto dalla sua parte la consapevolezza della condizione dell'architettura (e della città) nel proprio tempo (dalla fine degli anni '70 ad oggi). E questo lo ha portato a non sottovalutare la potenzialità paradigmatica di ogni progetto: ogni sua opera aspira a fondare il proprio paradigma, ad essere autoreferenziale e critica (o specchio) della condizione storica a cui appartiene.
Per queste ragioni l'aura che la Kunsthall emana non è ideale ma logica (paranoicamente logica). Il fronte principale cita la famosissima Neue National Galerie di Berlino di Mies, 
National Galerie, Berlino (da Galinsky)
ma gioca postmodernamente con i pilastri misiani e con il basamento (che invece di esser pieno è in grigliato d'acciaio). 
Kunsthall, Rotterdam veduta dell'ingresso (foto E. Lain 2002)
Il lato su cui si affaccia l'auditorium interno è invece un rimando a Le Corbusier e ai solai inclinati in facciata tipici dell'architettura olandese degli anni 60/70. 
Il lato verso il parco è invece di carattere portoghese, mediterraneo.

Kunsthall, Rotterdam veduta del fronte sul Museumpark (foto E. Lain 2002)

All'interno della Kunsthall Koolhaas mostra la propria passione (e competenza) per la promenade e il rapporto tra la distribuzione e la gerarchia degli spazi. Questa molteplicità (di caratteri, di tipi, di materiali) rende la Kunsthall ferocemente umana, paradigmaticamente anti monumentale, contrariamente all'aspirazione diffusa in gran parte della postmodernità. Un edificio da vedere, sicuramente.

Kunsthall, Rotterdam vedute dell'interno (foto E. Lain 2002)






Architecture works usually make architecture easier to understand. As for the art, built architecture has an aura of significance. This aura differs (even before the aesthetic qualities) architecture from mere building construction. In a masterpiece the aura tends to become universally recognizable. When I went to Rotterdam in 2002 I was the guest of young architects, and all agreed in recognizing the Barcelona Pavilion by Mies van der Rohe as an indisputable masterpiece, despite (then) in the Netherlands they practiced iconoclasm of modernity, designing blobs that were defined 'transarchitecture' (now you can find some more fascinating shapes in the  composition / construction category of parametricism - for those interested in a reading see http://www.guerrarchitetti.it/template.php?pag=19748). 
The style did not matter (and that of the Pavilion, although it's not the original '20s  is exactly the miesian less is more), my colleagues talked about other things: the accuracy, comprehensiveness, universality .. .
Well, the Kunsthall in Rotterdam by OMA / Rem Koolhaas is exactly the opposite of that ideal that inspired the work of Mies. Koolhaas is an outstanding reader and critic of architecture (in general) and of  Mies'works (and also of Le Corbusier, in my opinion), but prefers the juxtaposition rather than the composition, the imbalances rather than absolute completeness, the particularity to universality . The Kunsthall could be read as a montage of references to the history of architecture, to its national articulations. It is extremely variable as a tracking shot in advertising.The Kunsthall is an anomaly that advertises its contents (artworks) without replacing it (as in the extraordinary case of  Gehry's Guggenheim in Bilbao). It is one of the possible strategies: the Modernity was made anonymous by the game of white volumes, postmodernism achieves anonymity through the multiplicity, the post-postmodern attempts the way of the expensive sublime. Koolhaas has always had on his side the awareness of the condition of architecture (and city) in his time (late '70s to today). And this led him not to underestimate the potential of each project to found its own paradigm.
For these reasons, the Kunsthall's aura is not ideal but logical (a paranoiac logic). The main front quotes the famous  Neue National Galerie in Berlin by Mies, but plays in a postmodern  way with misian pillars and the basement. The side that faces the auditorium interior is a reference to Le Corbusier and to the sloping floors  typical of Dutch architecture of the years 60/70.
The side facing the park is referred to the Portuguese/mediterranean architecture. Inside the Kunsthall Koolhaas shows his passion (and skill) to the promenade and the relationship between the distribution and hierarchy. This multiplicity (of characters, types, materials) makes the Kunsthall fiercely human, paradigmatically anti-Monumental.A building to see, definitely.

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